Pensieri, parole ed opere… da quando mi è giunta la dolorosa  notizia della morte di Don Achille Baronio, di Vescovato, indimenticato vicario e “costruttore” del nostro Oratorio,  queste tre parole mi frullano in testa senza tregua, sia pur celate dietro le angustie di una forzata quotidianità.

Inoltre non posso sopportare l’idea che una persona così rilevante possa andarsene così, senza alcuna celebrazione, in questi maledetti tempi di corona-virus; per questo, pur senza una precisa investitura, mi sento in diritto e in dovere di condividere il dolore della sua improvvisa partenza e di consegnare pubblicamente la consolazione dei tanti ricordi che scandiscono a posteriori le tappe della nostra maturazione, grazie ai suoi insegnamenti e al suo esempio.

Non è facile trovare persone in grado di dispensare con positività  pensieri, parole ed opere, ma ancor più difficile è trovare chi aveva sempre fatto di pensieri e parole la premessa coerente e necessaria per  costruirvi opere importanti, concrete che, a loro volta, tornavano ad essere premesse di altrettanti nuovi progetti, e così via, con passo costante, con fiducia, o meglio con fede… sempre, anche quando molti di noi gli hanno girato le spalle.

No, non era precisamente un santo: il suo carattere forte e la sua ben nota decisione lo portavano a volte, per giusta causa, anche a qualche imprudenza, ma ciò nonostante,  non v’è dubbio che  don Achille abitasse nella ristretta comunità delle persone speciali.

È naturale, i ricordi si affollano  limpidi, e abbastanza  ampi da abbracciare i momenti più significativi  di un’intera generazione, e sembra impossibile che in soli 6 anni di permanenza a Soncino, abbia potuto lasciare una traccia così profonda e duratura…

Ora  vorrei affidarli  a qualche immagine muta, ma che poi tanto muta non sarà; immagini tratte dal suo archivio fotografico, di cui era gelosissimo, ma che tre anni fa volle consegnarmi per qualche tempo; la cosa mi stupì, ma più ancora mi stupii della sua risposta, quando gli chiesi cosa potevo fare delle sue fotografie: “ io ne sono geloso, ma tu fai ciò che ritieni meglio, di te mi fido”; non aggiunse altro, il tono perentorio, me lo ricordavo bene, era quello che non ammetteva repliche… e dunque eccone alcune:

No non era un santo, lui diceva che era un semplice prete, anche quando il vescovo voleva investirlo di un ruolo molto più importante, e lui rispose: “se vuoi che restiamo amici, lasciami fare “solo” il prete”.… e vien da chiedersi: qual’era la sua catechesi? Personalmente fatico a ricordare don Achille nei panni di un sofisticato predicatore impegnato in fini dispute teologiche; no, niente di tutto questo, solo il dovuto, o poco più;  ma se è vero che noi conosciamo e apprezziamo una persona solo quando veramente questa si apre, agisce e ti si svela in piena reciproca fiducia, così io penso che la sua profondità  fosse proprio lì,   in un limpido messaggio di umana rivelazione che, a ben vedere, è anche parte del messaggio di qualcuno che lo ha preceduto, e per il quale si è messo a servizio per tutta la vita.

L’oratorio San Paolo…: era quasi un rudere quando lui arrivò a Soncino, nel 1966; tanto che dovette accasarsi provvisoriamente a fianco di San Pietro Martire, un appartamento poverissimo, senza bagno e senza riscaldamento, come ci ricordò quest’estate, quando io e un comune amico lo prelevammo da Villa Flaminia, ed andammo a pranzare in un bel ristorante, appena fuori Cremona, sulle golene del Po.

Impressionanti i lavori che vennero fatti; ingenuamente gli chiesi: “ma chi finanziò la maggior parte dei lavori? La Diocesi? Il Comune?…”. Risposta secca: “Voi! La gran parte dei finanziamenti arrivò dai vostri lavori al bar del cinema e dei tornei notturni di calcio, dai biglietti venduti in gran quantità per tornei, pesche, feste e carnevali, e tante altre iniziative di cui i giovani dell’oratorio furono gli artefici principali…”. Non mancò di ricordare l’aiuto, sia pur molto secondario,  della parrocchia e di monsignor Luigi Affini e, contrariamente a quanto pensavamo, ci assicurò che monsignore gli diede sempre carta bianca. Importante anche l’aiuto dei privati, con donazioni varie, di molti volontari artigiani e operai e, aggiungerei, la scaltrezza e la bravura di don Achille che, con la sua verve, sapeva ottenere tutto a metà prezzo, se non meno, compreso l’apporto costante dell’arch. Giancarlo Angelucci di Bergamo (ma di origine soncinese), che gratuitamente curò progettazione e direzione lavori.

Guardate un po’ il prima:

… e confrontatelo al dopo:

Dicevo dei carnevali: tra una forchettata e l’altra, quanto entusiasmo traspariva dal suo sguardo nel ricordarci le interminabili serate, nelle stanze fredde dei lunghi inverni, a preparare i carri di carnevale e quanto calore in quella frenetica e generale operosità… fino all’esplosione della festa popolare nelle vie di Soncino, percorse da sfilate di gioia irrefrenabile, semplice, un rito che sembrava qualcosa di dovuto, forse quasi di immutabile, commovente e contagioso…

… e poi all’Oglio, con biciclettate al Grest, i giochi di ogni tipo, i tornei notturni, tornei di ping pong, tornei di biliardo, squadre di calcio, squadre di basket, squadre di pallavolo, e le corse alla colonia estiva di Monno, in alta Valcamonica, ed il ritorno il giorno dopo con la sua ‘500, per firmare un acquisto o per organizzare una serata di torneo, per poi ritornare in fretta ai monti… e così via.

La storia si tronca qui, improvvisamente: gli anni scorsi aveva superato un brutto infarto; successivamente era caduto, scendendo dal gradino di un altare, mentre celebrava la messa, e si ruppe il femore; ma la tempra era dura e si riprese lo stesso, pur fiaccato dai forti dolori e fece in tempo, poche settimane fa, a concelebrare il funerale del suo amico Ginetto Carniti, qui a Soncino; ma questa volta non ce l’ha fatta, e un’emorragia cerebrale lo ha stroncato in pochi giorni di ospedale, all’età di 84 anni.

Potrebbe sembrare scontato, e suonare forse un po’ retorico, affermare che ora lui vive in noi; ma tutti noi lo sappiamo, non si tratta di compiacenza celebrativa, è proprio così, lo attesta il brulicare dei nostri precisi ricordi, nella loro rassegnata e composta nostalgia, accompagnata da quell’incessante e motivatissimo refrain che segnerà sempre la sua presenza: pensieri, parole ed opere.

Mauro Belviolandi

Per altro, per chi volesse, questo è il link a un video che abbiamo voluto comporre per augurio a Orzinuovi, il paese più colpito del bresciano, ma anche a tutti noi, e non solo.

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