Basterebbe una solo foto a giustificare l’importanza del Museo della Seta, frutto dell’encomiabile lavoro di Enzo Corbani, allestito in quelli che erano i depositi di stoccaggio dei bozzoli (galèter).
Beninteso, c’è molto ma molto di più, ma credo che valorizzare anche una sola immagine, possa dare l’idea di quanto sia importante visitare questa grande raccolta di documenti, oggetti, video, attrezzature, che caratterizzavano il vasto mondo della produzione serica soncinese.
E la foto in questione è questa:
Bellissima e triste dicevo; erano i primi anni ’60 e si stava smantellando un ambiente produttivo secolare, anni in cui l’industria si intrecciava con il mondo agricolo, che ne condizionava i ritmi, perchè era la natura a dettare i tempi della fioritura delle piante di gelso, che a loro volta alimentavano il ciclo dei bachi da seta e dei bozzoli… E a proposito di natura, in questa foto si nota un particolare importante: ho evidenziato le grandi pulegge che mettevano in moto tutti i meccanismi per la trattura dei fili di seta che avvolgevano i bozzoli…
Le pulegge nella filanda, che abbiamo rimarcato nella foto, erano messe in rotazione da una lunga cinghia di cuoio che attraversava tutto il cortile e passava in una fessura del muro opposto, ancora presente e ben evidente.
Oltre quel muro operava perennemente un efficiente sistema di produzione di energia: una turbina idraulica, alimentata dal salto di un diramatore della roggia Mormora, faceva ruotare una serie di ingranaggi cilindrici e conici, che trasmettevano il moto alle pulegge posizionate a ridosso di quella feritoia, e in tal modo veniva trasmessa la potenza motrice necessaria al ciclo produttivo della filanda vera e propria, dall’altra parte del cortile.
Come si può notare dalle immagini, il salto d’acqua e i meccanismi di azionamento delle paratie e di trasmissione del moto alle pulegge sono ancora presenti, testimoni emarginati e inosservati di quei tempi ormai lontani; se passate in via della Valle capite bene dove si trova perchè il rumore della cascata non lascia adito a dubbi, e vien quasi da pensare che il Mormorotto abbia trasformato il suo originale “mormorio” in un acuto lamento, per aver perso quel ruolo essenziale e vitale che generava non solo gratuita energia, ma anche attenzione e rispetto.
A rimarcare l’accennata interdipendenza naturalistica dell’industria serica con le peculiarità orografiche e idrografiche soncinesi, aggiungo solo che il diramatore Mormorotto, propulsore del ciclo produttivo della filanda, è lo stesso che, 50 m a monte, è ancora in grado di far girare la ruota del mulino di Fiorini di via Orfanelle…
…. poi 50 m a valle alimentava il mulino di Mazzetti, di cui rimane solo la grande ruota, ai piedi della discesa del monumento, poi trasformato ad uso abitativo….
…infine, 100 m più a valle, dopo aver sovrappassato la roggia Bina che alimentava con doppio salto la segheria e la falegnameria Tonani…
…serviva il mulino di Cominetti, di cui ora non è rimasta neppure la ruota.
Dicevamo bellissima e triste la foto di apertura, e quante interessanti implicazioni scaturiscono da quella semplice immagine; è per questo che da fin troppo tempo ci eravamo proposti di parlare di filanda, grazie alle parole di Barbara Fontanini, che in filanda ci ha lavorato…
…parole capaci di spaziare ben oltre l’angustia di quell’ampio salone, per squarciare uno scenario di vita che non deve essere dimenticato: speriamo quanto prima di corrispondere alla promessa fatta, cercando di fare del nostro meglio.
A presto, Mauro Belviolandi
Molto bello. Grazie.
Perfettamente contestualizzato.
Quando si dice “avere radici”!
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Allora, senza molti uffici, le cose funzionavano a “pennello”. Tutto coordinato lungo lo scorrere della preziosa acqua, guai a chi non ne rispettava il fluire secolare.
Magari c’era qualcuno che “comandava”, ma di solito era selezionato per farlo con intelligenza.
Gli incapaci non avevano curiose patenti di universitarie. Altri tempi si dice.
Grazie, MB
Grazie per le coinvolgenti immagini e il bel racconto.
Tempi andati, duri ma pieni di umanità
grazie a te per l’attenzione, MB