Nascita e morte: forse in nessun altro caso appare più stridente il contrasto fra questi due estremi se pensiamo a Barbarina, le cui mani esperte, prima di ogni altra, ci hanno accolto sulla soglia della vita… e, non sto esagerando, lo siamo stati in migliaia.

E’ vero, oggi, in qualunque reparto di ginecologia, nei grandi e moderni ospedali, succede altrettanto, e anche in maggior misura; ma ora le sale parto sono luoghi anonimi, asettici e il parto è un numero, una routine, risultato di una studiatissima procedura; a quei tempi invece, le sale parto erano le nostre case, cariche delle nostre vite e dei nostri ricordi, e in quei momenti concitati, quasi parte di un perenne rito propiziatorio, vi risuonavano i “Luisa metti sul fuoco altra acqua calda!… nonna prepara altri panni puliti!…Franco porta via i bambini!…”; in quei momenti appunto, sotto il crocifisso della stanza da letto, perfino i gemiti più strazianti del parto sembravano sublimare in qualcosa di superiore, tanto che, al primo vagito, gli occhi di Barbarina e dei famigliari si incrociavano rapidi, carichi di gioia e di giusto orgoglio, come se un po’ tutti, maschi e femmine, avessero partorito.

Barbara Cesarotti, vedova dell’indimenticato maestro Attilio Pedroni, 98 anni, ha reclinato lentamente il capo mercoledì sera, a casa, dopo aver consumato l’ultimo cucchiaio di una leggerissima cena.

Barbarina, come tutti la chiamavano, era una persona veramente straordinaria, ricca di spirito e vitalità, ed è impossibile affidarsi a poche righe per descrivere i tanti episodi e la miriade di relazioni umane che hanno costellato la sua esistenza.

Lei però, in un certo senso, ha pensato anche a questo, ed io ho avuto il privilegio, anni fa, di leggere la cronaca della sua esistenza: un bel diario, scritto di suo pugno in bella calligrafia, ricco di immagini e di commoventi ambientazioni;  ho raccolto il tutto, l’ho digitalizzato e fatto stampare a mo’ di libro, con tanto di copertina, una mia dignitosa introduzione, il tutto racchiuso fra due poesie stupende di Anna Martinenghi; il giorno che glielo consegnai non seppe trattenere le lacrime… ma poi scoppiò in una delle sue inconfondibili risate, leggendo il nome della mia fantasiosa casa editrice: NATI IN CASA EDITORE.

L’ultima delle 321 pagine manoscritte termina con queste parole: ” ….tutto questo mio raccontare…potrà essere un piccolissimo, un minuscolo… patrimonio per…capire, insegnare…e tramandare”.

Per questo, acquisito il permesso dei figli, non potevo mancare di pubblicare almeno le prime pagine di questo stupendo diario e, ne sono certo, se Barbarina potesse parlare mi direbbe decisamente: “Brao! Grasie!”.

A nome del Direttivo degli Amici della Rocca esprimo il nostro corale cordoglio a Achille, Anna, ai famigliari e a tutti i parenti.

Mauro Belviolandi

P.S.: ECCO IL DIARIO

2 risposte a "Barbarina se n’è andata…ecco il suo diario"

  1. Fu la prima persona che mi toccò amorevolmente in via del Carmine n°4 a Milano, camera da letto dei miei genitori, alle ore 02:00 del 19 novembre del 1950.
    Giacomo.

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