Il tono è scherzoso, ma non troppo… Lo scorso Natale, riferendosi al clima mite di quei giorni, una gentile signora di nome Tiziana mi dice: “Nèdal al šök, Pasqua al fök!” (Natale al gioco, quindi all’aperto, Pasqua al fuoco, ritirato in casa davanti al camino – š corrisponde alla s dolce come “casa” –  ö corrisponde al suono francese eu come in fleur, fiore ). Io le risposi banalmente: “Eh… non c’è più il clima di una volta…”; poi, sarà certamente un caso, a Pasqua ci siamo beccati freddo e pioggia!

Temporale in arrivo – foto Antonella Cigognani

Bene, a inizio maggio pioveva, e Tiziana mi dice: “Sè piöf èl dé dè Santa Crus, per quaranta dé sarùm èn crus!” ( “Se piove il giorno di Santa Croce, cioè il 3 maggio, per quaranta giorni saremo in croce!”). Anche stavolta ci ho riso un po’ su, ma in effetti ha continuato a piovere… Non mi resta che attendere con speranza il 13 giugno! (per inciso, riferisco che alcuni dicono che il proverbio parla di 30 giorni e non quaranta, regolatevi!).

L’amico Francesco Premoli mi ha fatto notare che nel mese di Novembre un signore della val Trompia gli disse: “Quando nevica sulla foglia, il tempo non ha voglia!” e infatti ecco seguire un dicembre caldo con assenza di neve. Val Trompia? Certamente! Io parlo di proverbi “soncinesi”  non certo in senso esclusivo: la tradizione contadina accomuna gente ben oltre i nostri confini comunali, e quasi tutti i proverbi ne denunciano la comune matrice. Infatti a Soncino mi pare che esista il proverbio gemello: “Quant èl fiòcå ‘n sö la fòjå, èl tep èl ghè n’à pö òjå!

Qui ne approfitto per evidenziare una particolarità ortografica: le “a” finali vengono da noi spesso pronunciate in dialetto, anche senza che ce ne accorgiamo, con un suono detto “a”, oppure “o”, celtica (non è casuale che se ci spostiamo poche centinaia di metri a sud di Villacampagna, frazione al confine meridionale di Soncino, questa “a” scompare); si tratta di un suono a metà fra la a atona e la o; molti testi la scrivono con questo simbolo “å” (che richiama una a con sopra una piccola o). Per scriverla basta tener premuto sul telefonino il tasto della “a” e subito appaiono quasi tutte le a particolari. Tranquilli però: poichè nello scrivere in dialetto ci si capisce lo stesso anche scrivendo la sola “a”, ritengo che non sia indispensabile, per il nostro scopo, scriverla come å.

Al contrario, per le “e” e le “o” acute (é, ó ) oppure gravi (è, ò), per le “š” o le “s”…. ( e poco altro ancora) è necessario dare altre spiegazioni ed è indispensabile, per saper scrivere e leggere, saperle utilizzare correttamente, per cui rimando a un agile manualetto che uscirà quest’anno e che gli Amici della Rocca metteranno a disposizione gratuitamente.

E’ ricco di esempi e di richiami anche video e audio per la pronuncia; l’ho preparato in questi anni con la consulenza del povero Bibe e di sua moglie Maria, e anche di altri volontari e, ultimamente, anche con la consulenza della dott.ssa Beatrice Stabile, studiosa di “linguistica formale” e “dialettologia”; ho già sperimentato l’utilizzo del manualetto con due o tre persone che, vi assicuro, in meno di un mese hanno imparato facilmente a scrivere e a leggere in dialetto, semplicemente scambiandosi qualche messaggio in dialetto (grazie anche alla facilità con cui il cellulare mette a disposizione direttamente tutti i fonemi semplicemente tenendo premuto il relativo tasto); appena riusciremo, completeremo anche il grande vocabolario multimediale, che sarà consultabile facilmente sul sito degli AdR.

lo scopo, molto ambizioso, è che la gente impari con facilità a scrivere e a leggere in dialetto, cosa quasi mai avvenuta, perché il dialetto si è tramandato quasi esclusivamente per via orale. Se ci riuscissimo sarebbe forse l’unico modo per tenerlo sempre in vita, prima che scompaia del tutto: speriamo in bene!

Alla prossima. Mauro Belviolandi

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.